Dicono…

SUICIDI IN AUMENTO: DIECI BUONI MOTIVI PER SOPRAVVIVERE ALLA CRISI

05 apr 2012 — Giuditta Avellina

Con le difficoltà economica, aumenta il numero di chi, tra imprenditori e disoccupati, decide di farla finita. GQ ha chiesto allo psicologo trevigiano Roberto Gislon come si può vivere, più o meno bene, anche da “falliti”

Imprenditori che si suicidano, disoccupati stretti nella morsa della crisi che decidono di farla finita.Tra il 2008 ed il 2010, comesegnala la CGIA di Mestre, i suicidi per motivi economici sono aumentati del 24,6%, mentre i tentativi di suicidio, sempre legati alle difficoltà economiche, sono cresciuti leggermente meno: + 20%. Ma c’è vita oltre il crollo economico? Si può vivere da “falliti”?GQ.com ha intervistato lo psicologo Roberto Gislon -esperto di psicooncologia trevigiano e già relatore in prestigiosi panel, quali quello organizzato dalla CNA di Montebelluna, in cui ha affrontato il rapporto tra suicidio e crisi economica-  ci ha suggerito un decalogo per sopravvivere alla crisi.

1. ABBANDONARE L’IDEA DI ONNIPOTENZA
La nostra società sovrappone il  successo personale a quello economico: chi riesce nella professione è una persona per bene, chi non riesce è un incapace e un fannullone. Ammettere le sconfitte, la disoccupazione, la crisi è una salvezza, perché ti rimette in una dimensione reale. L’uomo moderno pensa di essere eterno: rifiuta la malattia, il licenziamento, la noia, l’attesa, la solitudine. Non siamo onnipotenti, ci illudiamo di esserlo: è questo che genera delusioni incombenti pronte ad aggredirci, questo ci porta al gesto estremo.

2. STARE INSIEME
Il suicidio è la fuga estrema, la negazione della speranza. Avere speranza non è la certezza matematica che le cose funzionino per conto loro. Ma è il diritto di sentirsi adeguati quando dalla crisi si è provato a uscire e semplicemente, al momento, non vi si è riusciti. Se la soluzione non la trovo ora, posso accettare questo dato di fatto o arrendermi. E quando ci si arrende,quando si smette di cercare la speranza, si perde. Perché si perde il bello di sperimentare la vita, in bene o in male. Quella vita che si può sperimentare solo stando insieme, vivendo in mezzo agli altri, non estraniandoci dal mondo.

3. GUARDARE AL PASSATO MA VIVERE NEL PRESENTE
Nella nostra società è il benessere economico a contare. A volte bisognerebbe solo  guardare indietro per trovare riparo e consolazione: i nostri genitori e i nostri nonni sono quelli che hanno fatto la guerra con le armi, noi stiamo facendo guerra con i nostri pensieri. Eppure oggi ci sono più suicidi che allora. Tutto questo perché si pensa che mancando i soldi, automaticamente si perdono l’onore e il successo personale: dovremmo imparare dalle generazioni precedenti che onore e soldi non hanno alcuna connessione. Il grande conto in banca non garantisce un onore integro. Men che meno un’assicurazione sulla felicità.

4. ACCORCIARE LE DISTANZE
Stiamo insieme, viviamo in mezzo agli altri.  Il bene è collettivo, non personale e il suicidio è una soluzione personale che non serve a noi stessi e che danneggia il prossimo.Nonostante ci sia un grande stato sociale che sostiene il cittadino, le distanze tra gli individui sono aumentate esponenzialmente. Basti pensare che, specie nei grandi centri, i vicini di casa sono dei perfetti sconosciuti. L’alternativa alla crisi è osare il contatto con chi più ci va a genio, senza paure nè inibizioni. Mai pensato che dedicare del tempo alo prossimo potrebbe sorprenderci?

5. DISTINGUERE TRA TERAPIA E CURA
Esistono grandissimi terapeuti in grado di ristabilire condizioni di salute precedenti alla patologia. Ma non è l’unico rimedio alla crisi. Un’attenzione alla cura, intesa come sostegno totale alla persona, andrebbe ripristinato. La quantità di stress cui siamo sottoposti va combattuta con il dialogo, non pensando subito a un terapeuta. La cura è chiedere a chi ci sta vicino un regalo prezioso: del tempo da dedicarci, una parola che allevi la delusione, un abbraccio, un sorriso come cura alternativa al male di vivere.

6. IL BENESSERE NON È POSSESSO
Il benessere non è possesso, non sono frigoriferi. Confondiamo il benessere con le comodità, ed è qui che succedono i disastri.  Dovremmo agire a monte, pensare alle comodità che ci vengono dal lavoro quotidiano non come a un componente dovuta, immancabile e universale, ma come un valore aggiunto al benessere. Stare bene non dipende da “cose”, dipende dal coraggio che abbiamo di vivere bene con e senza queste “cose”. Basti pensare ai nostri nonni: avevano un abito per i giorni lavorativi e uno per la festa. E vivevano la guerra. Con grandi sacrifici, ma sono sopravvissuti.

7. NON COMPETERE SEMPRE
Eliminare la competizione sterile. Non è un voto o un lavoro migliore a determinare la dignità della persona. In tempi di crisi, cercare un amico significa confrontarsi non sminuirsi, accettare che da una condizione diametralmente opposta -io lavoro tu no, io sono felice tu no -è arricchimento per entrambi: per l’uno perché nella crisi non è solo, per l’altro perché ha un successo da condividere con qualcuno. Che senso ha  trionfare per sé stesso, abbarbicato nella propria torre di avorio?

8. RECUPERARE I VALORI
I valori sono dati per scontati, è questa una delle cause del suicidio: la mancanza di valori sedimenta in noi, ci si convince di essere vuoti e senza un senso e si arriva a gesti estremi. Siamo umani e complessi, il vuoto è proprio l’antitesi alla nostra essenza, questo andrebbe capito quando si pensa di farla finita.

9. PRENDERSI DEL TEMPO
Il tempo è il nostro esclusivo beneficio, è l’unico vero grande regalo che tutti noi riceviamo dalla nascita. Se il tempo diventa corsa ossessiva al mito sociale, smette di essere nostro e diventa della società. La soluzione è staccare con ciò che ci fa star male e inseguire ciò che ci fa star bene, non esistono valori universali che determinino ciò che è giusto e ciò che è universalmente sbagliato. L’esempio da seguire sono i nostri bambini: rispettano “il dovere” di obbedire all’autorità dei genitori, ma hanno anche il diritto sforntato di soddisfare il proprio piacere, quello che viene da un giocattolo nuovo, da un gioco divertente e che li faccia sorridere.

10. DISTINGUERE IL “BENE” DAL “MI FA BENE”
Per combattere la crisi, più che distinguere tra ciò che è lecito, ciò che è bene e ciò che è male, sarebbe importante valutare ciò che “mi fa bene” e ciò che “mi fa male”. E questo è valido universalmente, per giovani e meno giovani: non esistono età in cui si impara ed età in cui si insegna, non si smette mai di apprendere ciò che ci fa bene, ciò che ci rende felici. La decadenza si combatte stupendosi ogni giorno di ciò che ci accade, in bene o in male.  Affrontare la situazione attuale – che ammetto, non è semplice – trovandone il buono insito, non cercare di cambiarla.

http://www.gqitalia.it/viral-news/articles/2012/aprile/crisi-economica-suicidi-in-aumento-dieci-segreti-per-sopravvivere-alla-crisi

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *